sabato 27 giugno 2009

Il video di Giovanni e il montaggio Retroguard

Oggi compleanno di Giovanni Damico. Compie sedici anni. Per vari motivi io non sono potuto intervenire alla sua festa, ma mi sembrava giusto rivolgergli un pensiero.
Ultimamente abbiamo postato un suo video, lungamente meditato, sui mestieri di Ballarò, sottotitolo generazioni a confronto. Giovanni ha intervistato due cugini, discendenti dal capostipite Gioè, che lavorano al mercato. Ha curato riprese e montaggio.
Giovanni parla poco, per carattere, ma quando c’è da lavorare non si tira indietro. Ha un buon occhio anche per le riprese, e una mano ferma, ma credo sia molto interessato al montaggio.
Montare un video, per certi versi è come scrivere un tema. Quando scriviamo, non c'è bisogno di utilizzare tutti i segni di interpunzione che conosciamo. Punti, due punti, punto e virgola, punti esclamativi ecc. più saranno usati con abbondanza e senza cognizione di causa, tanto più appesantiranno il testo inutilmente, dando l’impressione al lettore di generale sciatteria e poca cura formale. La ridondanza servirà a mascherare evidenti vuoti di pensiero a causa dei quali l’eventuale lettore potrebbe infastidirsi.
Il lettore onesto chiede allo scrittore onesto di andare dritto al punto. Alla semplicità del messaggio. Senza cincischiare.
Questa regola vale nel montaggio, ma si può applicare idealmente anche alle riprese, visto che nella inquadratura fissa esiste una sorta di montaggio interno, in altri termini la disposizione degli elementi che compongono la scena, come si sistemano nello spazio, come si muovono, le linee e le prospettive, quella che nel linguaggio teatrale viene chiamata prossemica.
Ma non tergiversiamo e parliamo di montaggio vero e proprio, ossia di riprese giustapposte in sequenze.
Vanno accuratamente evitati zoom, effetti vari, mascherine, tendine e dissolvenze inutili. Le dissolvenze si possono adoperare, come nel video di Giovanni, quando servono a qualcosa. In questo caso a rimarcare la distanza fra i due cugini, l’insegna dei due negozi separata da una dissolvenza accentua la distanza fra le due generazioni a confronto.
Negli altri casi, quando non funzionale alla storia, è meglio utilizzare il taglio netto. Con una particolare attenzione per il suono e la ricerca della semplicità.
Abbiamo già detto in fondo che il mondo è già abbastanza interessante di suo. Non serve abbellirlo, non più di quanto serva, per scrivere un buon tema, disegnare i cuoricini sulle i invece dei puntini. E questo Giovanni l’ha capito.

martedì 23 giugno 2009

Non aver paura… Apriti agli altri


Con i ragazzi dell’associazione seguiamo tematiche che riguardano il quartiere Albergheria.
Uno degli argomenti che ci interessa maggiormente, data anche la formazione eterogenea del nostro gruppo, è quello relativo al dialogo interculturale. In questo senso siamo stati presenti al Mediterraneo Antirazzista, abbiamo partecipato alla festa del Bangladesh e Dipu, uno dei nostri ragazzi, ha realizzato un servizio sui giovani immigrati.
Per questo motivo siamo intervenuti volentieri anche alla serata del 16 giugno a Santa Chiara, un incontro sul tema “Non aver paura… apriti agli altri”, purtroppo disertato da tutti i media palermitani, nonostante l’evento fosse stato ampiamente pubblicizzato.
Ci sono stati diversi spunti importanti di riflessione; ne riporto alcuni, di Tommaso Calamia, dell’associazione di Promozione Sociale Le Balate con cui collaboriamo: “La prima riflessione è dovuta alla constatazione che è diffusa la sensazione di perdita fisica dei luoghi di aggregazione delle nostre città e contrade che nella realtà non ci sono state tolte dagli immigrati, ma che abbiamo abbandonato, perché siamo in un fase di chiusura in noi stessi e di ripiegamento nel nostro microcosmo. Ci sentiamo assediati ma nella realtà siamo in fuga da noi stessi. Altra riflessione è sollecitata dalla constatazione che i problemi della sofferenza e del disagio umano di chi chiede e di chi dà accoglienza, sono affrontati, come in uno stato di polizia, con provvedimenti di pubblica sicurezza, con conseguenze terribili per la dignità ed i diritti della persona umana, come il negare ai padri, non in regola con il permesso di soggiorno, di riconoscere il proprio figlio.”

sabato 20 giugno 2009

Gli incontri di Photofficine 3


Esperienza di vero giornalismo ieri agli studi di Telejato.
Abbiamo incontrato insieme ai ragazzi Pino Maniaci e Pif, al secolo Pierfrancesco Diliberto.
Pino Maniaci è un criminale in attesa di giudizio, reo di aver combattuto la mafia, dalla sua televisione, facendo nomi e cognomi e subendo continue rappresaglie, senza avere, addirittura, la tessera da giornalista. Rischia grosso per questo. E cercherà di accampare scuse, per aver commesso il “gravissimo” delitto, il 26 giugno alle 9 alla Sezione Distaccata di Tribunale di Partinico.
Per dovere di cronaca, giova ricordare, che il 10 luglio 2008 Pino era già stato assolto con formula piena in un altro processo per la stessa accusa, perché il fatto non sussisteva.
Come associazione Photofficine cercheremo di essere presenti per portare la nostra solidarietà a Pino. I ragazzi lo hanno intervistato e hanno visitato gli studi di Telejato. Pensiamo sia stato un buon incontro, a cui ne seguiranno altri.
Per un caso fortuito lo stesso giorno a Telejato c’era anche Pif. Il palermitano che, proverbialmente, lavorava alle iene, e ora realizza Il testimone, in onda su Mtv. Ha definitivamente traviato i ragazzi, esortandoli a continuare la propria opera di comunicazione senza possedere il tesserino da giornalista, di cui anche lui, caso strano, è sprovvisto.
Si è beccato l’intervista di prammatica, e ha rivelato alcuni retroscena del suo lavoro. Oltre a farsi intervistare, ha anche intervistato i ragazzi dando in prima persona, con l’esempio, un’altra lezione di giornalismo autarchico e anarchico. Nell'intervista i ragazzi, nonostante l'emozione, hanno scherzato con Pif, cercando di emulare lo stile autoironico di matrice socratica del presentatore palermitano.
Insieme a Pif e ai ragazzi, quindi, abbiamo detto “siamo tutti Maniaci”, frase ormai intesa dal senso comune come frequentatori abituali di Palazzo Grazioli.
A breve le interviste, montate dai ragazzi, saranno visibili sul sito.

lunedì 15 giugno 2009

Gli spazi del quartiere per i giovani e il Retroguard

Giuseppe Federico è uno dei ragazzi più assidui di Photofficine e segue il progetto dall’inizio. Ultimamente ha realizzato un video che potete vedere qui.
Servizio denuncia nato da un’effettiva mancanza nel quartiere Albergheria di spazi esterni per i giovani, campetti di calcio comunali per esempio, dove poter giocare.
Giuseppe per realizzare il servizio ha contattato direttamente l’intervistato. Poi ha girato le immagini e infine ha montato il video.
I neofiti, che per la prima volta prendono in mano la videocamera, commettono super giù lo stesso errore già da noi stigmatizzato: seguono affannosamente l’azione con movimenti di macchina e zoom senza nessuna funzione narrativa. Per dirla in altri termini, vanno incontro al mondo, non è il mondo (da filmare) che viene incontro a loro.
Noi abbiamo provato a correggere questo errore in Giuseppe, ma non c’è stato bisogno di molti chiarimenti. Il ragazzo è molto ricettivo e previene le spiegazioni con l’intuito. Inizialmente ha ripreso i ragazzini che giocano a pallone in mezzo alla strada, poi con l’intervista di don Silvio Sgrò, parroco attivo nel quartiere, ha spiegato il senso di quelle immagini, infine ha chiuso con altre immagini di gioco che, alla luce di quanto detto nell’intervista, assumono un altro significato.
Il suo lavoro rientra in uno schema più ampio: seguire le attività e le microstorie del quartiere, per raccontarlo e raccontarsi, in maniera semplice.
Non sarà sicuramente l’ultimo dei suoi prodotti.

giovedì 11 giugno 2009

Gli incontri di Photofficine 2


Il 29 marzo, corrente anno, è venuto a farci visita Marios Pantelis, cipriota di stanza a Londra, dove vive e lavora da anni. Questo è il suo sito.
Rasta, esperto di occultismo (era venuto in Sicilia anche per un suo futuro lavoro su Alesteir Crowley e l’abbazia di Theleme a Cefalù), in terra di Albione ha lavorato molto coi ragazzi dei quartieri disagiati, insegnando loro riprese, montaggio video e, incidentalmente, a percepire con occhi diversi il quartiere in cui vivono.
Coi ragazzi di Photofficine, grazie alla sua ottima capacità comunicativa, è riuscito a instaurare un buon dialogo, nonostante esistessero barriere linguistiche. C’è stato bisogno di poche traduzioni, è bastato semplicemente proiettare i suoi lavori per inchiodare i ragazzi alle sedie.
Marios è un esperto di effetti speciali, lavora soprattutto con le foto che poi monta con Motion.
Anche lui, come Riccardo Scibetta, si è ripromesso di preparare un lavoro assieme ai ragazzi.
Siamo qui. Ad attenderlo.

sabato 6 giugno 2009

Mediterraneo Antirazzista

Mediterraneo Antirazzista, torneo di calcetto non agonistico tra squadre provenienti dai vari quartieri di Palermo e dalle comunità di immigrati presenti in città, e squadre provenienti dalle principali periferie del Sud Italia Mediterraneo Antirazzista.
C’eravamo anche noi, e per prepararci all’evento, nell’ambito del laboratorio di percezione, abbiamo stampato, assieme ai ragazzi, le magliette della nostra squadra.
Finiamo domani.
Siamo in finale. Merito del presidente ovviamente.

video

mercoledì 3 giugno 2009

La narrazione e l'incendio di cassonetti a Palermo

Dopo la pubblicazione nel nostro blog del manifesto sono d’obbligo alcune precisazioni.
Dominati sostanzialmente da un salutare spirito anarchico, non amiamo le regole, tranne quelle che ci imponiamo noi stessi. Sappiamo bene che per infrangere le regole, ogni tipo di regola, è necessario averne una profonda conoscenza.
Ogni volta che pubblichiamo una storia, quindi, cerchiamo di arrivare al punto, al centro della storia che vogliamo raccontare, seguendo regole improntate alla semplicità.
Per fare un esempio l’ultimo servizio di giornalismo di retroguardia sull’immondizia a Palermo, Incendio cassonetti nel centro storico di Palermo.

Puntare sulla storia, sulla semplicità della storia, sulla onestà soprattutto.
Wolfgang Achtner ha scritto questo pezzo interessante, in cui si discute soprattutto della struttura narrativa del servizio giornalistico, praticamente assente nei servizi dei tg italiani, dove regna sovrano un dilettantistico taglia e cuci, ovvero immagini incollate su speech debitori alla carta stampata.
Nel servizio anglosassone invece si risponde alle cinque w, nell’ordine who (chi), what (cosa), when (quando), where (dove) e why (perché), ma soprattutto il modello di giornalismo CNN prevede un inizio, uno svolgimento e una naturale conclusione, secondo dettami che risalgono alla retorica classica.
Cicerone stesso distingueva cinque momenti importanti della Retorica, funzionali alla costruzione di ogni storia.
1) Inventio, ovvero reperimento degli argomenti da trattare;
2) dispositio, ordine nel quale vogliamo trattare gli argomenti;
3) elocutio, abbellimento del discorso;
4) actio, maniera in cui viene posto il discorso (gestualità, tratti sovrasegmentali della lingua);
5) memoria, tenere bene a mente gli argomenti, quelli propri e quelli dell’avversario (nelle orazioni giudiziarie che stavano tanto a cuore a Cicerone)
Si tratta dell’acrostico IDEAM.

Noi ci vogliamo concentrare soprattutto sulla D di dispositio, ovvero l’ordine in cui si racconta una storia, per fare in modo che possa essere comprensibile a chi l’ascolta (la guarda nel nostro caso). Una storia può iniziare dalla fine, dall’inizio o dal mezzo (in medias res), in qualsiasi modo inizi può essere scomposta sempre in tre momenti: inizio, svolgimento e fine. Exordium, narratio e peroratio. Così sono costruiti i nostri video di Retroguard. Semplicemente.
Inizio, con immagini che introducono l’argomento, nel caso del servizio sopra citato ci sono immagini di cassonetti della spazzatura incendiati.
Narratio, in cui ci sono le interviste che spiegano quelle immagini, a sua volta riconducibili a due modelli, ovvero demostratio (asserzione di una tesi) e refutatio (confutazione della tesi esposta precedentemente). Ma nel nostro caso sembrava abbastanza fare una sola intervista ai pompieri che hanno spento l'incendio e hanno spiegato cosa sta succedendo.
Infine nella peroratio, nella conclusione, le immagini iniziali, poco comprensibili all’inizio, alla luce di quanto visto e ascoltato nella narrazione o svolgimento, si comprendono. I pompieri se ne vanno, l'incendio sedato, tutti vissero felici e contenti. In un mare di immondizia.
Su queste basi si costruisce un discorso intelligibile e chiaro le cui regole però possono essere forzate, fino alla rottura.

Ogni regola è fatta per essere infranta.
È ovvio che questa ricerca della semplicità a ogni costo, la chiarezza espositiva, il volare basso, raccontare storie oneste, non significa essere misoneisti, contrari alla sperimentazione.
Noi pensiamo semplicemente che per violare le regole, bisogna conoscerle bene, averle interiorizzate precedentemente, ed essere pronti a forzarle, ma solamente se necessario, solamente se funzionale a qualcosa. E il qualcosa finale, il what, è sempre la Storia, il documento.