giovedì 28 maggio 2009

Manifesto

Dopo l’uscita dei primi video di Retroguard Journalism, prodotti dai ragazzi, abbiamo pensato fosse il caso di tirare le somme, fare il punto della situazione. Abbiamo stilato un breve elenco di regole, sul modello delle regole stilate a suo tempo da Lars Von Trier per il movimento Dogma 95 (stile cinematografico basato sulla semplicità).

Elenco di regole elaborate e confermate da Photofficine nell’ambito dei laboratori di videoediting per produrre un servizio di Retroguard Journalism:
1. I servizi giornalistici vanno prodotti prevedendo una parte di riprese dell’azione e una parte di interviste che commentano dall’esterno l’azione.
2. Le riprese devono essere semplici e lineari, prevedono un buon numero di inquadrature fisse, pochi movimenti di macchina (panoramiche e carrelli) e abolizione quasi totale dello zoom (si può utilizzare solo in alcuni casi).
3. Il suono non deve mai essere prodotto a parte dalle immagini e viceversa. (La musica non deve essere usata a meno che non sia presente quando il servizio venga girato).
4. La macchina da presa deve essere portata a mano. Ogni movimento o immobilità ottenibile con le riprese a mano è permesso.
5. Non utilizzare le luci speciali. (Se c'è troppa poca luce per l'esposizione della ripresa, la ripresa va tagliata o si può fissare una sola luce alla macchina da presa stessa).
6. Lavori ottici e filtri non sono permessi.
7. Il montaggio deve essere semplice e lineare, quasi del tutto abolite le dissolvenze e le tendine (anche queste, come lo zoom, possono essere utilizzate solo in alcuni casi). Si devono prevedere solo stacchi netti.
8. Vanno evitate in ogni modo le ridondanze
9. Il giornalista deve essere onesto, interessato a capire cosa sta succedendo. Non è importante che sia sempre preparato. Non deve amare necessariamente ciò che riprende, ma deve amare riprenderlo.
10. Il giornalista non deve commentare l’azione, non deve mai essere inquadrato, devono esserci solo la macchina da presa e l’eventuale intervistato, per attuare l’eclissi del giornalista.
Come i registi di Dogma ’95, al quale ci ispiriamo per quanto riguarda le considerazioni estetiche, “consideriamo l'istante più importante del complesso. Il nostro obiettivo supremo è di trarre fuori la verità dai personaggi e dalle ambientazioni.” Perseguire con ogni mezzo possibile l’onestà; a riprese belle ma disoneste, preferire riprese brutte ma oneste.
Palermo, martedì 28 maggio 2009
PHOTOFFICINE

domenica 24 maggio 2009

I sogni di Santa Chiara

Oggi a Santa Chiara c’è stata la festa del Bangladesh, dove eravamo presenti anche noi dell'associazione, nelle retrovie, con un video girato per l’occasione.
In realtà per ideazione, riprese e montaggio del video dobbiamo ringraziare solo Dipu Mollah, uno dei ragazzi di Photofficine.
Ho incontrato Dipu diverse volte all’oratorio di Santa Chiara, di sera verso le otto, fra una partita di calcetto e l’altra. Lui aveva questa idea, di intervistare i suoi amici e tirarne fuori qualcosa; il mio contributo alla produzione del video in questione è stato minimo. Mi sono limitato semplicemente a dargli in mano la videocamera e osservarlo da lontano. Lui sapeva già cosa fare, come muoversi.
Solo lui e l’intervistato. L’intervistatore, dietro la videocamera, non si vedeva, si era eclissato. Io ben lontano a rigirarmi i pollici.
Il video che ne è venuto fuori è questo.
Come al solito, tutto si può dire del video fuorché metterne in dubbio l’onestà, di ispirazione e di lavorazione. A noi questo basta. video

domenica 17 maggio 2009

Il video del terremoto del Belice, istruzioni per l'uso 2

“Non deve essere l'immagine a dominare te, devi essere tu a dominare l'immagine.”
Questo è uno degli insegnamenti essenziali per imparare a filmare la realtà. Ma in che senso l'immagine può dominarti? Sorgerebbe spontanea la domanda.
I ragazzi dell'associazione, quando per la prima volta hanno giocato con la videocamera, sono passati già cinque mesi da allora, si sono fatti prendere dall'ansia di riprendere tutto. Sono due gli errori principali che hanno commesso e che nel video del terremoto del Belice abbiamo cercato di evitare: in primo luogo muovere avanti e indietro la videocamera alla ricerca spasmodica dell’azione, per inseguirla, con movimenti di macchina veloci e impacciati, per niente fluidi e ancor meno meditati; in secondo luogo, errore altrettanto comune, abusare di uno strumento che farebbero meglio a dimenticare, ossia lo zoom.
Sullo zoom ritorneremo spesso. Nelle videocamere digitali ce ne sono di due tipi, lo zoom ottico (un componente dell'obbiettivo, con caratteristiche ottiche/meccaniche) e lo zoom digitale (versione "virtuale" dello zoom ottico): il primo si dovrebbe utilizzare sporadicamente, vietato l’uso abuso. Per quanto riguarda il secondo, basta dire che fa perdere di definizione l'immagine, la degrada, meglio sarebbe non utilizzarlo in nessun caso. Nel video del terremoto del Belice, è stato detto ai ragazzi di utilizzare lo zoom ottico solo nei casi in cui si doveva filmare un particolare a cui non era possibile avvicinarsi altrimenti, quando non c'era modo di arrivare a un balcone, o a un intonaco del soffitto ad esempio. Nel caso contrario invece, quando fosse stato possibile zoomare su una immagine, semplicemente, avvicinandosi, ne è stato sconsigliato vivamente l'uso. Sennonché, anche nel primo caso, dal momento che utilizzare lo zoom ottico senza cavalletto crea "rumore" (ovvero vibra l'immagine), abbiamo preferito utilizzare lo zoom out anziché lo zoom in. Ovvero siamo andati in tele su un particolare fin quanto possibile, cercando di impugnare la videocamera saldamente, appoggiandoci su punti fissi, in modo da avere il minor numero di vibrazioni, quindi siamo tornati indietro in maniera fluida. Dal particolare al campo lungo. E non il contrario.


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sabato 16 maggio 2009

Repetita stufant

Mi sa che Giove Pluvio non è stato clemente neppure oggi, ma la serata ha funzionato ugualmente
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Breve nota impegnata sulla festa pizzofree


Dopo le riflessioni sul terremoto in Abruzzo, che ci hanno portato a confezionare il video sul Belice, un altro tema importante, su cui spenderemo tempo ed energia, ha cominciato a impegnarci, un tema sentito, soprattutto in questi tempi, a Palermo. Il tema della legalità.
Ieri in Piazza Magione è iniziata la quarta festa pizzofree che termina oggi. Abbiamo portato alcuni ragazzi di Photofficine a documentarla.
Le scuole che hanno partecipato ai Fortini della Legalità e al progetto AddiopizzoScuola hanno messo in scena spettacoli e ieri mattina i ragazzi sono intervenuti in massa in favore dei commercianti che hanno aderito alla campagna di consumo critico antipizzo "Contro il pizzo cambia i consumi". Purtroppo la pioggia è stata nefasta per la buona riuscita della festa, gli organizzatori sperano che oggi Giove Pluvio, come si dice in linguaggio giornalistico sportivo, sia clemente. Infatti sono previsti dibattiti, eventi e concerti.
Sono già sul sito, nelle rispettive sezioni, foto e video di intervento alla festa realizzati dai ragazzi dell’associazione.

venerdì 15 maggio 2009

Il video del terremoto del Belice, istruzioni per l'uso 1

Ultimamente abbiamo discusso a lungo coi ragazzi dell'associazione a proposito del terremoto in Abruzzo, segnalando alcuni filmati realizzati per documentare il tragico evento.
D’accordo coi ragazzi abbiamo pensato, come già detto in un precedente post, di documentare un terremoto siciliano, quello del Belice, avvenuto nel 1968. Per realizzare il servizio, domenica scorsa, siamo andati coi ragazzi a Gibellina e Poggioreale per riflettere e cercare di capire sui luoghi del terremoto, insieme ai vecchi che lo ricordavano, e ai giovani, che ne avevano sentito parlare.
I ragazzi dell'associazione sono stati lasciati liberi di scattare foto, riprendere, quello che volevano. Solo in qualche caso abbiamo fornito alcune indicazioni per la creazione di un servizio giornalistico documentaristico, di tipo Retroguard Journalism.
Secondo noi, la documentazione non dovrebbe essere in nessun caso sensazionalismo, effetto immediato del protagonismo di chi confeziona il servizio.
Il suddetto protagonismo è un peccato di superbia tipico del giornalismo italiano che influenza in maniera subliminale l’approccio all’immagine dei giovani e si declina principalmente in due modi: 1) comparire continuamente nel video. Questa è una superbia che sconfina nella presunzione, dal momento che gli spettatori non sono interessati a vedere "chi", come nel caso di Placido nel video, da noi già ampiamente criticato, sul terremoto. Gli spettatori, semmai, sono interessati a vedere "cosa", per l'appunto gli effetti del terremoto; 2) raccontare continuamente quello che si vede, impedendo così la normale ripresa, per esempio dell'audio ambiente: il rumore del vento, i rumori della strada, le voci reali, nuovamente, interessa più il “cosa” che il “chi”. Qui è necessaria un'altra digressione, non possiamo non andare con la mente alla telecronaca, dai risvolti ridicoli e patetici, degli eventi che vediamo spesso in onda sulla televisione italiana come per esempio durante la cronaca dell'estrazione dei numeri del lotto. Il commentatore teleracconta: "La ragazza estrae il numero" "Ecco il numero è l'8", raccontare cioè quello che gli spettatori già vedono, ribadendo l'ovvio; l'effetto di ridondanza che ne scaturisce diventa fastidioso.
Chiaramente, di questi due vizi capitali del giornalismo italiano, anche i ragazzi sono stati vittime inconsapevoli. I servizi che nel corso degli anni hanno avuto modo di visionare, come già detto, hanno influenzato e influenzano la loro visione del mondo.
Abbiamo cercato di correggere i loro "errori" (errori, ovviamente, secondo il nostro modesto punto di vista) guidando il servizio, senza, nel contempo, mortificare la loro creatività. Questo è il servizio che ne è venuto fuori, un servizio asettico nel quale abbiamo tentato in ogni modo di attuare l'eclissi del giornalista. Chiaramente non è l'unico modo per filmare la realtà, non è neppure il più divertente probabilmente. Di sicuro non è disonesto, non è velleitario, e soprattutto non è sensazionalistico.

mercoledì 13 maggio 2009

Ritorno all'immagine 2

La Dirkon è una macchina fotografica di carta che si monta a partire dalla stampa di un file PDF contenente le varie parti disegnate a grandezza reale.Scaricato il file , non vi resta che stamparlo preferibilmente su un cartoncino seguendone le istruzioni contenute nel file.Assemblata e personalizzata, se volete, la fotocamera non resta che inserire una rullino 35mm e divertirvi seguendone i principi delle pinhole camera. Via dunque al download della vostra dirkon.

Ritorno all'immagine

Domenica 26 Aprile 2009 si è tenuta la nona giornata mondiale della fotografia stenopeica. Si tratta di un avvenimento internazionale creato nel 2001 per promuovere e diffondere l’arte della fotografia stenopeica. Un apparecchio fotografico stenopeico, dal greco "stenos opaios" piccolo foro, è lo strumento più elementare per produrre immagini: una scatola vuota e nera, un forellino di qualche decimo di millimetro su una parete e un foglio fotosensibile (pellicole o cartafotografica comunemente) su quella opposta.
La fotografia pinhole non prevede mediazioni tra pellicola e realtà, nemmeno la lente, si tratta di un ritorno all’essenziale, senza nessuna tecnologia digitale, una scatoletta e la propria creatività, un’ecologia della mente, direbbe qualcuno.
Vogliamo segnalarvi il PINHOLE DAY e il sito ufficiale della manifestazione: http://www.pinholeday.org/
Sul sito è possibile sapere come partecipare alla giornata e accedere ad innumerevoli informazioni sulla pinholephotography nel mondo. Segnaliamo anche un sito italiano sull'argomento, ricco di immagini e con una preziosa pagina di link a siti di pinholephotography: http://www.ffplm.it/ ewww.ffplm.it/links.htm
P।S.: come iniziare? Dal sito Corbis Readymech Cameras è possibile trovare diversi modelli per realizzare “Pinholecamera” molto colorati. Per costruire i vari modelli proposti, è sufficiente stampare il pdf, ritagliare ed incollare gli angoli per costruire la camera vera e propria. La cura maggiore va posta nella creazione del buco con l’ago o con un compasso ad esempio.
19:27:49 . 23 Apr 2009

martedì 12 maggio 2009

Il terremoto in Belice e il giornalismo di retroguardia

Oggi con Dipu, Rifat e Manish, tre dei più assidui ragazzi dell’associazione, siamo andati nei luoghi del terremoto del 1968, quello che ha colpito il Belice distruggendo Gibellina, Montevago e Poggioreale.Il nostro scopo era quello di raccogliere testimonianze e impressioni anche riguardo al recente terremoto in Abruzzo. Una sorta di viaggio nel tempo e, di conseguenza, nello spazio, attraverso il ricordo. Gli anziani che i ragazzi di Photofficine hanno intervistato ricordano soprattutto il freddo, le “barracche” in cui hanno trascorso il lungo inverno. Siamo arrivati a Gibellina nuova verso le undici di mattina e, dopo aver visto i monumenti dei vari artisti che hanno creato questo sogno urbanistico (come Nicolin, Quaroni, Pomodoro, Consagra, Cagli, Cascella, Samonà, Ungers e Mendini), siamo andati alla ricerca della gente vera, degli abitanti del luogo. Ce n’era poca di gente in giro. Alcuni anziani al circolo operaio ci hanno raccontato come hanno vissuto il terremoto. Ne avevano voglia di parlare e raccontare; “i giovani,” dicevano, “sono tutti emigrati, per ragioni di lavoro,” ovvio che volessero narrare la vita a qualcuno. In seguito abbiamo incontrato alcuni ragazzi, che ancora non sono emigrati. Due di loro, Benedetto e Rosario, ci hanno mostrato, con orgoglio, la propria città; poi insieme ad altri hanno sfidato Dipu, Rifat e Manish a una partita a calcetto, in una delle piazze di Gibellina. Arrivava l’ora del pranzo però, e nella nostra tabella di marcia era prevista anche una sosta a Gibellina vecchia, il famoso “cretto di Burri”, lo strato di cemento che ricopre una città che non c’è più. I ragazzi si sono scatenati nel filmare e nello scattare foto. Abbiamo concluso la nostra giornata, e la nostra documentazione sui luoghi del terremoto, a Poggioreale, che invece è rimasta piena di ruderi, romantica come una città fantasma, dal 1968.Lo scopo era sempre quello di far acquisire ai ragazzi maggiore coscienza, e conoscenza, dei meccanismi percettivi che ci portano a “filmare” la realtà, senza dimenticare gli spunti di riflessione che questi luoghi ci portano, soprattutto oggi, dopo la recente tragedia in Abruzzo.Per chiudere, se non ci fosse rumore, ci sarebbe un silenzio insopportabile. Lapallisiano. Ma vero.
20:16:11 . 10 Mag 2009

Torniamo a parlare di terremoto in Abruzzo e Retroguard Journalism

Le donne di San Gregorio, lavoro di Francesca Comencini sul terremoto in Abruzzo.
Le interviste alle donne della tendopoli di San Gregorio sono messe in fila, con qualche immagine di copertura infilata qua e là. Il video è semplice e diretto. Va al punto. Non c’è la necessità di abbellire-falsare il film usando, ad esempio, la colonna sonora (senza alcuna connessione con il soggetto filmato, come nel video, già segnalato, di Michele Placido), c’è un più elegante audio ambiente. Inoltre la regista non ha bisogno di entrare continuamente nel campo visivo come nel video, già ampiamente citato, del solito Placido. È avvenuta quella che, in un precedente post, avevo chiamato l’eclissi del giornalista. Una videocamera e un intervistato. L’operatore alle riprese, semplicemente, scompare; anche una sua pur minima espressione facciale infatti potrebbe influenzare il giudizio dello spettatore. Il filmato nasce dalla consapevolezza che il mondo è già interessante per se stesso, non servono movimenti di macchina arditi e zoom a profusione per renderlo più interessante. Il ritmo è lineare perché quello che si racconta è lineare. Semplice. Reale. Last but not al limone, Francesca Comencini dimostra di non amare necessariamente ciò che filma. Ma ama filmarlo.Alla base del suo film c’è, e ci deve essere, un atto di amore.
23:02:41 . 05 Mag 2009
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Gli incontri di Photofficine

Uno degli obiettivi della nostra associazione è quello di aprire il quartiere in cui operiamo, Ballarò, ad altre realtà, fuori dal circuito cittadino e fuori dall’isola, operazione questa che viene comunemente chiamata “globalizzazione buona”. Cerchiamo, ogni volta che se ne presenta l’occasione, di organizzare incontri con professionisti del settore audiovideo, che vengono a parlare ai ragazzi delle loro esperienze.
Nel primo di questi appuntamenti, lo scorso 20 marzo, sono intervenuti Damiano Fiorella e Riccardo Scibetta.
Damiano Fiorella ha parlato della sua attività di cantautore (scrive canzoni da 15 anni). Molto discussa è stata la sua esclusione dal programma di X-Factor e i ragazzi ne hanno parlato con lui. Uno dei ragazzi del nostro progetto, Emanuele Busalacchi, è molto interessato alla musica. Scrive canzoni da quando aveva 10 anni, ne ha scritte 17 ormai, alcune insieme al fratello Carlo. Le canzoni trattano dei sogni di un adolescente, del quartiere in cui vive e della sua vita. Fra i due c’è stato un bello scambio di battute, Damiano ha commentato positivamente la canzone di Emanuele, e si è mostrato molto interessato a vedere come riuscirà a realizzare da essa un video, che dovrebbe essere completato presto. I due si sono scambiati i rispettivi indirizzi e si sono ripromessi di tenersi in contatto.
Riccardo Scibetta invece è un fotografo documentarista che da anni opera a Palermo e la racconta attraverso la gente che vive e lavora quotidianamente la città. Riccardo ha da sempre aiutato, in qualità di volontario, il gruppo di Photofficine (sua è la foto manifesto dell’associazione) ed è sempre disponibile a nuovi incontri con i ragazzi del quartiere. Ha mostrato ai ragazzi le sue ultime foto, scattate in occasione di un viaggio a Londra. I ragazzi si sono fatti vedere molto interessati, sia per quanto riguarda l’aspetto tecnico professionale, chiedendo a Riccardo come aveva ottenuto certi effetti di sovrapposizione di immagini, sia per quanto riguarda l’aspetto economico di questa professione; hanno chiesto infatti come si vivesse da free lance, come fossero pagati, e quali agenzie garantissero lavoro. Riccardo ha dunque parlato della sua prossima mostra a Villa Alliata Lodetti, di cui ha realizzato le foto del restauro, commissionate dalla famiglia. I ragazzi hanno voluto avere maggiori informazioni e hanno promesso che sarebbero intervenuti. Riccardo ha comunque promesso che avrebbe partecipato a un progetto fotografico assieme ai ragazzi, perché il suo obiettivo, equivalente a quello dell’associazione, è farli lavorare sul campo, facendogli prendere coscienza della realtà in cui vivono. Alla fine dell’incontro, ovviamente, quello che tutti i ragazzi aspettavano dall’inizio: popcorn patatine e cocacola. Panem et circenses.
Questo è il video dell'incontro.
12:21:48 . 01 Mag 2009

Scrittura da Blog e Retroguard Journalism… quattro appunti democratici

“Quando tutti lo comprenderanno con la chiarezza ch’io ho, tutti scriveranno. La vita sarà letteraturizzata. Metà dell’umanità sarà dedicata a leggere e studiare quello che l’altra metà avrà annotato. E il raccoglimento occuperà il massimo tempo che così sarà sottratto all’orrida vita vera. E se una parte dell’umanità si ribellerà e rifiuterà di leggere le elucubrazioni dell’altra, tanto meglio. Ognuno leggerà se stesso”. Le confessioni del Vegliardo, 4 aprile 1928.
Il vegliardo in questione è Zeno Cosini, già protagonista della Coscienza di Zeno, ora ritrovato in questo secondo romanzo, incompiuto per la prematura morte dell’autore, Italo Svevo, in un incidente stradale. Italo Svevo, al secolo Ettore Schmitz, praticamente sta parlando dei blog. Quando una parte dell’umanità si ribella, e si rifiuta di leggere le elucubrazioni (leggi masturbazioni mentali) dell’altra, “ognuno leggerà se stesso”; nell’epoca di Internet e della massima capacità di comunicazione, ecco che arriva il rinchiudersi in se stessi, il raccoglimento, nell’incomunicabilità consapevole e coerente di chi scrive per se stesso, e nient’altro.Credo sia importante segnare alcuni appunti, per riflettere su come si scriva un blog, scrittura ormai alla portata di chiunque, non servono certo iscrizioni all’ordine dei giornalisti per scrivere un blog. Ci sono diverse annotazioni da allegare a questo punto, soprattutto per quanto riguarda lo stile. Nei blog assistiamo alla scomparsa del labor limae, del lavoro di rifinitura. La scrittura del blog ti costringe a tralasciare la “politezza” formale, il bellettrismo, e anche lo stile si modifica a causa del mezzo di comunicazione. “Il mezzo è il messaggio”. Ancora a citare Marshall Mcluhan, vabbuò, ho finito or ora di citare Italo, Marshall è un passo avanti di quasi mezzo secolo. Lo stile, dicevo, diventa meno formale, colloquiale. Le parole desuete vengono sostituite dalle parole ordinarie; anche “desuete” sarebbe meglio sostituire, con “insolite”. Per non parlare di “politezza” e “bellettrismo” da abolire direttamente, cancellare. Parole che non vanno dritte al punto, allungano il brodo e basta. Inutile compiacimento d’autore. Anche fastidioso.Abolire anche i punti e virgola. Aut aut. O usi le virgole, virgola, o usi i punti. Punto. Per ragioni di stile? Mi si chiederà. No, semplicemente perché i punti e virgola non sei abituato ad andarli a cercare nella tastiera e quindi perdi troppo tempo. Talvolta però metterne qualcuno a casaccio, per dimostrare che non si dimenticano. La velocità nella scrittura bloggistica è tutto.Stile paratattico, quasi nominale, perché i verbi ausiliari, i verbi servili appesantiscono troppo lo schermo, e ci si rischia di perdere, appresso alle volute fraseologiche. Non si va dritti al punto. E, dicevamo prima, la velocità è tutto. Lo dicevano anche i futuristi, un secolo fa. Quest’anno ricorre il centenario del primo Manifesto. Quindi celebriamolo con velocità.Posto che il fine del blog sia “ognuno leggerà se stesso”, allora meglio essere perspicui, ops volevo dire chiari, almeno a se stessi. L’unico labor limae consentito diventa questo: asciugare, eliminare, in ossequio all’economia fonatoria che domina i meccanismi linguistici, ops “economia fonatoria” facevo meglio ad evitarlo. “Per decidere se [il testo] è Bene o Non Bene, abbiamo una regola molto semplice: il tema deve essere vero.Dobbiamo descrivere ciò che vediamo, ciò che sentiamo, ciò che facciamo. Ad esempio, è proibito scrivere: «Nonna somiglia a una strega»; ma è permesso scrivere: «La Gente chiama la Nonna la Strega».È proibito scrivere: «La Piccola Città è bella», perché la Piccola Città può essere bella per noi e brutta per qualcun altro. Allo stesso modo, se scriviamo: «L’attendente è gentile», non è una verità, perché l’attendente può essere capace di cattiverie che noi ignoriamo. Quindi scriveremo semplicemente: «L’attendente ci regala delle coperte».Scriveremo: «Noi mangiamo molte noci», e non: «Amiamo le noci», perché il verbo amare non è un verbo sicuro, manca di precisione e obiettività: «Amare le noci» e «amare nostra Madre», non può voler dire la stessa cosa. La prima formula designa un gusto gradevole in bocca, e la seconda un sentimento.Le parole che definiscono i sentimenti sono molto vaghe; è meglio evitare il loro impiego e attenersi alla descrizione degli oggetti, degli esseri umani e di sé stessi, vale a dire alla descrizione fedele dei fatti.” Agota Kristof, Trilogia della città di K., Einaudi 1998, pp 26-27./ Per quale ragione postare in un blog di video e foto una discussione stilistica e letteraria? Per la stessa ragione per cui il primo post era dedicato al retroguard journalism. Retroguard journalism e asciuttezza stilistica vanno di pari passo. Semplicità, andare dritto al punto. Le buone regole che servono per scrivere un buon blog, una su tutte non usare tutti i segni di interpunzione che abbiamo a disposizione, valgono anche per le riprese. Solo che troppo spesso nella scrittura, allo stesso modo che nelle riprese, ci lasciamo prendere la mano, e diamo giudizi di merito sul mondo. Lo modifichiamo a nostro uso e consumo. Non bisogna abbellire il mondo, non bisogna necessariamente amarlo, ma amare descriverlo (o filmarlo). Il tema deve essere vero. Descrivere ciò che vediamo, sentiamo, facciamo. Dobbiamo attenerci alla descrizione degli oggetti, degli esseri umani e di noi stessi. Evitare giudizi di valore. Evitare opinioni personali. Evitare parole e verbi che definiscono i sentimenti. Punto. Punto e virgola. Ma sì. Abbondiamo. Contraddiciamoci. Non facciamo i provinciali.

P.S.: Last but not al limone, non scrivere mai post troppo lunghi, in un blog, oppure la gente si annoia e non li leggerà mai fino alla fine
21:17:48 . 21 Apr 2009

Vernissage a Villa Lodetti Alliata


Hunter S. Thompson, noto ai più per aver scritto Paura e delirio a Las Vegas, è l’iniziatore del Gonzo journalism, particolare stile di scrittura giornalistica in cui spesso il punto di vista dell'autore è distorto dal consumo di droghe e alcool e ciò viene ripetutamente ribadito negli articoli. Per quale ragione ne parlo? Semplicemente perché anche io avrei voluto provarmi nel Gonzo journalism, in occasione dell’inaugurazione di Villa Alliata Cardillo e del Centro d'Arte Multimediale Piana dei Colli; sapendo che ci doveva essere un party di inaugurazione, una vernice, ero animato di buone intenzioni, per sbevazzare e discutere di arte. Purtroppo gli organizzatori probabilmente si sono accorti che le spese di restauro erano state eccessive, nonostante il contributo della Regione, e hanno deciso di recuperarle, in minima parte, aprendo il bar agli amanti d’arte, noti sbevazzatori. Se volevi bere dovevi pagare. I suddetti affamati di arte, non avevano mangiato da due giorni, in vista del vernissage, per poi scoprire che all’inaugurazione non era previsto il rinfresco. Certo, almeno un bicchiere di vino a testa l’avrebbero anche potuto offrire, dopo la strada percorsa per arrivare fino a lì. L’occasione era soprattutto la mostra di Riccardo Scibetta, che ha scattato le foto durante tutta la fase di restauro. Le foto esposte erano ottenute con la tecnica della sovrapposizione, in cui passato e presente sembrano fondersi, e i fantasmi abitare i luoghi del restauro. Il luogo adatto per disquisire d’arte con artisti sfaccendati. Un tale con la voglia di parlare accosta i lavori dello Scibetta alle opere di Egon Schiele. “…” “Tu conosci Schiele vero?” con fare inquisitorio. “Come no? Ho tutti i suoi dischi.” E taglio la conversazione, avvicinandomi ad un’altra combriccola che si scalda e surriscalda davanti a una foto di Riccardo. Incredibile come l’arte riesca far vibrare corde dell’animo che ognuno crede ormai sopite. “Mourinho non lo doveva fare! dimenticarsi così Santon non ha senso. Per lasciare dietro Zanetti poi” Chissà di quali correnti artistiche stanno parlando? Mah? “Voleva proporre il tridente con Figo e Balotelli a sostenere Ibrahimovic.” Non sono un falco ma capisco di che parlano. C’è la madre di tutte le partite stasera, Juve – Inter, sai che gliene può fregare alla gente del vernissage? Pure divertente starli ad ascoltare, ma ci sono faccende più importanti di cui occuparsi. Ero venuto qui per una mostra fotografica e per il centro di arte multimediale. Basta cincischiare e parliamo di questo. Soprattutto di due argomenti. 1) L’architetto (o forse l’ingegnere), secondo le voci raccolte nei corridoi, in polemica con la nobiltà committente, ha disegnato una falce e martello su una delle volte dei sei saloni al primo piano, nascosta da un fiore; nessuno probabilmente lo ha avvertito del fatto che il Muro di Berlino è stato abbattuto nel 1989. E alla vera nobiltà possono solo piacere questi giochetti polemici, un sapore d’Antan, “Del resto mio cara, di che si stupisce, anche l’operaio vuole un figlio dottore…” 2) La seconda annotazione più divertente. Secondo le stesse voci di corridoio, una delle foto di Riccardo Scibetta, che ritrae la famiglia in gran completo, grazie alla tecnica della sovrapposizione, mostra dei fantasmi, i Gattopardi in via di estinzione, specie protetta, da salvaguardare. Forse è un giochetto polemico più divertente, e più sottile del primo. Grazie alle foto il messaggio subliminale passa meglio. Nei video intanto c’è un richiamo alla tradizione nobile di Palermo, le immagini del Gattopardo scorrono e mi chiedo se qui hanno girato alcune scene. A quanto mi risulta no, però vuoi mettere l’effetto che fa? L’accostamento Donna Fugata e Sacco di Palermo. Com’è che disse un amico una volta a proposito di Palermo e di queste occasioni mondane? Palermo fine a se stessa. Autoreferenziale, caput mundi, tutto il mondo può andare all'inferno, Moratti gongolare, l’Abruzzo affondare, e a un certo tipo di Palermo interessa solo il proprio salotto e i discorsi fumosi in cui io sarei pure versato, ma mi avessero offerto un bicchiere di vino, sarei stato più versato ancora. I Lodetti Alliata, nobile dinastia, a cui si deve questo bel lavoro di restauro e questa bella serata. L’obiettivo principale era: recuperare la villa settecentesca per creare all’interno un centro d’arte proiettato verso il futuro. Non so se l’hanno centrato. Il fatto che abbiano posizionato un ascensore in una villa settecentesca è un bello slancio verso il futuro. Per quanto mi riguarda, i veri Gattopardi non l’avrebbero mai fatto; una bottiglia di vino, da addebitare al Regno delle Due Sicilie o ai Savoia, l’avrebbero offerta, loro. L’autore ribadisce che questo pezzo Gonzo è stato confezionato da sobrio.
10:39:21 . 19 Apr 2009

Un giorno un viaggiatore dal Bangladesh

È venuto un ragazzo al corso di Photofficine. Voleva imparare a usare videocamera e macchina fotografica. Nato in Bangladesh. Veniva da Vicenza. Purtroppo è venuto solo due volte. La prima, per fare un po’ di riprese in giro per il mercato; la seconda, per dirmi che deve ritornare a Vicenza. Ma ha raccontato la sua storia che ora voglio segnare:Sedici anni fa S. nasce a Sylhet in Bangladesh. A dieci anni, nel 2003, arriva a Vicenza, accompagnato dal suo tra virgolette padre, in realtà è lo zio che si fa passare per suo padre per non avere problemi con i documenti e il permesso di soggiorno. Il suo papà zio, prima della crisi economica mondiale, lavorava trenta giorni al mese, ora, da quest’anno, ne lavora dieci. Ha due figlie piccole, le “sorelle”, e la moglie, “zia”, casalinga, da mantenere.
Quindi papà zio dice a S.: “Vai a Palermo dal tuo tra virgolette cugino (ma in realtà, a quanto mi dice S., non si tratta di un vero cugino, ovviamente, è solo uno che fa parte della stessa tribù del papà zio)! Trovati un lavoro e cavatela da solo.”
Benservito.
Il “cugino” lo ospita per tre settimane, ma poi gli dice: “mi devi pagare l’affitto”, gli requisisce il cellulare, con la scusa che il ragazzo frequenta cattive compagnie; al che S. va via di casa, a vivere nella missione di Biagio Conti. Nella missione si mettono in contatto con i servizi sociali di Vicenza.
S., gli dicono, può tornare, i servizi si offrono di aiutarlo, ma deve finire la scuola a Vicenza. Il papà zio deve andarlo a prendere.
“E il tuo padre vero,” mi viene da chiedergli, “dov’è adesso?”
Il padre vero è in Bangladesh, probabilmente disoccupato, ma lui non lo vede dal 2003. Lavorava in Kuwaitt prima della guerra, poi è scappato. Ha provato anche a lavorare in Arabia Saudita, ma la situazione non era buona, racconta sempre S.: “nei paesi musulmani, in genere, e nelle dittature in particolare, non stanno tanto a guardare i diritti dei lavoratori,” continua a dire S. “dopo esser stato in Arabia Saudita mio padre tornò in Bangladesh, ma non aveva di che dar da mangiare a noi figli.”
S. va a vivere dalla nonna materna quando ha otto anni, la nonna vive a 70 km di distanza, e queste distanze, senza strade, in Bangladesh, si percorrono in un giorno.
A dieci anni arriva in Italia. E vorrebbe raccontare la sua storia e quella di suo padre, quello vero, anche attraverso il video racconto.
Sfortunatamente non c’è stato il tempo.
Però mi sembrava giusto raccontarlo almeno così. P.S.: oltre a questo S. è molto interessato a tematiche legate al territorio. Avrebbe voluto realizzare un servizio breve sul fenomeno del randagismo, e uno sui disservizi degli ospedali a Palermo. Gli ho promesso che quando ritorna a Palermo, da Vicenza, possiamo cercare di realizzare questi servizi.
21:39:35 . 16 Apr 2009

Un po’ di appunti sul Retroguard Journalism

Ultimamente Current tv, la televisione di Al Gore, ha inaugurato il Vanguard Journalism. Giornalismo di avanguardia. Secondo la definizione di wikipedia si tratta di un “nuovo (?) modo di fare giornalismo che stravolge con successo la metodologia classica dell’inchiesta”. Sempre secondo stessa fonte: “I vanguard journalists propongono inchieste di taglio investigativo, rigorosamente realizzate sul campo e in prima persona.”Le inchieste che ho avuto modo di visionare sono sicuramente interessanti, ma non rispondono precisamente alla mia idea di servizio giornalistico. Molto da ridire ci sarebbe anche sull’aggettivo “nuovo”. In che senso nuovo? Da che mondo è mondo, da quanto ne so, andare a verificare la notizia risponde pienamente alla “metodologia classica dell’inchiesta.”Stilisticamente l’unico punto in comune che ho trovato fra le inchieste visionate è un eccessivo protagonismo da parte del giornalista sottolineato anche dai montaggi musicali che accentuano il punto di vista di chi confeziona il servizio. L’eccessivo protagonismo del giornalista a me sembra un modello superato; il vate, l’eroe dannunziano, fortunatamente, non esiste più. Il reporter di guerra non rischia più la vita, non più di un operaio specializzato che va a lavorare in zone di guerra. Quindi non si merita nessuna corona di alloro giornalistica.Meglio, molto meglio i montaggi semplici, modello Reuters tv, che potrebbero definirsi polemicamente Retroguard Journalism. Non servono orpelli, dissolvenze e tendine, si va dritti al punto, al messaggio. Audio ambiente, immagini neutre e pochi movimenti di macchina, inquadrature per lo piu' fisse, e interviste senza la domanda del giornalista. Migliorare il mondo attraverso il montaggio è una presunzione di onnipotenza che lo spettatore non si merita.Con il modello Reuters si arriva all’eclissi del giornalista.Per proporre due esempi abbastanza semplici e secondo me abbastanza esemplificativi di due tendenze opposte di inchiesta giornalistica basta guardare i video realizzati in Abruzzo, rispettivamente da Paolo Sorrentino e da Michele Placido. Nel primo caso si potrebbe parlare di Retroguard Journalism, si assiste all’eclissi del giornalista: c’è solo l’audio ambiente, un argomento viene messo all’attenzione di tutti (l’assegnazione delle tende) senza retorica o giudizi (e pregiudizi) di parte. Nel secondo caso si potrebbe parlare di Vanguard Journalism, Michele Placido tende ad accaparrarsi la scena (“mio nonno, mio nonno è stato emigrante…), propone e propina la morale, anche attraverso il commento musicale. Le interviste sono volte alla commozione del pubblico, non c’è la possibilità di operare un giudizio non influenzato dal punto di vista, ingombrante, del giornalista.
22:31:17 . 14 Apr 2009

Photofficine

Photofficine è uno spazio socio-educativo per i giovani dove incontrarsi, conoscersi e conoscere, produrre documenti video e fotografici inerenti al territorio e sentirsi partecipi e attivi nella propria comunità. Obiettivi sono:
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